Spesso capita, nel variegato mondo Waldorf, di incontrare dei personaggi particolari, che si rivelano molto diversi da quello che appaiono. Uno di questi è certamente Godi Keller.
Chi lo incontra per la prima volta si trova davanti un uomo non più giovane, dall’aria bonaria e dall’aspetto apparentemente anonimo. Poi quest’uomo comincia a parlare e l’interlocutore è rapidamente avvinto dalla mimica travolgente, dal calore delle parole e dalla profondità della sua esperienza di vita. Si comprende allora come Godi riesca a conquistare la fiducia e la considerazione di coloro, adulti, giovani o giovanissimi, che gli si rivolgono per un aiuto o un consiglio.
Godi Keller, svizzero trapiantato in Norvegia, ha alle spalle una lunga carriera di insegnante Waldorf e conferenziere in tutto il mondo. Attualmente insegna anche alla scuola di formazione in pedagogia Waldorf a Lubiana, cosa che ci ha fortunatamente reso possibile averlo tra noi per la seconda volta, a distanza di un anno, per affrontare in una conferenza il complesso tema dell’adolescenza. In una sala gremita, con l’indispensabile supporto della traduzione delle nostre bravissime e coraggiosissime Luana e Chiara, Godi Keller ha saputo offrire numerosi spunti di riflessione e illuminare con speranza e fiducia le strade di noi poveri genitori ed educatori che spesso vediamo solo le difficoltà e i problemi di quella che egli stesso ha subito definito come la meravigliosa età dell’adolescenza.
Il relatore ha esordito riferendosi a tre grandi rivoluzioni con cui i ragazzi devono confrontarsi nell’età della pubertà, che va dalla maturità sessuale ai sedici anni. La trasformazione nella vita fisica del ragazzo di dodici- tredici anni già la conosciamo: il cambiamento nelle proporzioni del corpo, l’allungamento degli arti, i tratti del viso che assumono un che di sgraziato, animalesco, lo sconvolgimento ormonale. Tutto ciò è per il giovane un evento scioccante, estremamente difficile da accettare. La seconda rivoluzione avviene nella vita dell’anima: mentre il bambino piccolo non riesce a mentire, è in un certo senso integro e quello che mostra fuori è, a saperlo leggere, ciò che è dentro, l’adolescente non è più così. Nella pubertà il figlio diventa una persona nascosta che si costruisce un suo mondo celato da cui gli adulti sono esclusi, un giardino segreto che merita il massimo rispetto. Il ragazzo vive nei paradossi: dice sì, ma in realtà vuol dire no, tanto che a volte il dialogo è pressoché impossibile e mentre nello spazio interiore tanto di meraviglioso accade, lo spazio esteriore sa essere estremamente antipatico! Un altro paradosso è che in questa età i ragazzi sono pieni di emozioni, mentre di fatto rifiutano le emozioni degli adulti. Come educatori, allora, non ha più senso continuare con l’emozionalità, anche nell’educazione e nell’insegnamento deve avvenire un cambiamento. La terza rivoluzione è quella spirituale, intellettuale: i ragazzi ora ricercano la verità, l’onestà e se negli anni precedenti il mondo era una questione di sentimento, ora diventa una questione di verità ed intellettualità. Nell’adolescenza tutto è bianco e nero e i ragazzi dividono di fatto l’umanità in due categorie: gli idioti e gli idoli. Godi dà questa immagine: è come se fossero di fronte ad un palcoscenico chiuso da due tende, quella degli idioti e quella degli idoli, e loro cercano di scostarle per fare un passo avanti, per ricercare la propria individualità, per ricercare finalmente un pensiero indipendente. Questo svilupparsi di un pensiero indipendente decreta la fine della pubertà, allora il ragazzo può veramente provare interesse, cioè inserirsi nella complessità della realtà emettendo un giudizio indipendente, capacità che si sviluppa solo dopo i sedici anni. Cosa devono fare allora i genitori per aiutare i figli in questo processo? Godi Keller dà la sua ricetta in quattro punti: “Non cercate di essere i loro migliori amici, non provocateli, siate il più possibile autonomi nella vostra vita, non entrate voi nella pubertà”. La parola d’ordine è ascoltare. E’ di grande conforto al giovane nel suo momento di crisi se l’adulto gli comunica, a parole e con la sua presenza, il seguente messaggio: “ Ti sento, ti capisco, ma non è la mia impressione”. Così il ragazzo percepisce che c’è una fine a quella miseria! Ma comprendere, ci ammonisce Godi, non è assecondare, perché i ragazzi devono allenare i muscoli, devono avere qualcuno con cui lottare e noi siamo la loro palestra. Per i primi vent’anni l’ essere umano vive infatti nella polarità sicurezza- libertà e mentre il compito del genitore è dare sicurezza, quello del ragazzo è ricercare la libertà. La miseria maggiore, secondo Godi, si ha quando è il genitore che dà la libertà al figlio, mentre è il figlio che deve conquistare la sua libertà, l’uccellino deve rompere il guscio!
In quasi tre ore di conferenza questo piccolo grande uomo ha saputo divertire, a volte commuovere e sempre far riflettere l’uditorio, regalandoci numerosi aneddoti personali, tratti dalla sua esperienza di vita e di insegnamento, che è veramente difficile, se non impossibile riportare per iscritto. Speriamo di averlo ancora tra noi l’anno prossimo per un’altra iniezione di fiducia e consapevolezza.
Concludo con un’ultima frase di Godi, che ha suggellato questa intensa esperienza:

“In pedagogia non c’è giusto o sbagliato, c’è solo una regola che vale, il dialogo.E se non c’è bisogna riprovare e riprovare, fino a trovarlo!”.

Maestra Sabina

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